Quando sono uscito dal cinema dopo aver visto Mission Impossible: Fallout un dubbio tormentava la mia “giovane” mente: “ma quello, era un film su Batman?”
Ero confuso, disorientato. Certo. Cerchiamo allora di comprendere l’origine di questa mia bizzarra associazione di idee.
Mi siedo in poltrona, infilo la bibita in uno dei due braccioli, sperando sia chiaro anche al mio vicino che quello, proprio quello, è il mio. E le probabilità qui stanno al 50%. Aspetto che inizi il sesto capitolo della saga delle missioni impossibili, nei cinematografi dal 29 Agosto 2018, scritto e diretto da Christopher McQuarrie (Oscar alla sceneggiatura con I soliti sospetti), già abituato a dirigere Tom Cruise in Jack Reacher e Mission Impossible: Rogue Nation.
Fallout è il sesto capitolo della saga spionistica che nel lontano 1996 sotto la guida di Brian De Palma ha letteralmente dato nuova linfa ad un genere abituato a parlare con uno spiccato accento britannico. Dicevo, aspetto la fine dei trailer e l’inizio del film e già della bibita non rimane che il ricordo. Mi aspetto due cose da Mission Impossible. Le chiamo rumore e silenzio. Il rumore è l’azione, quella buona parte di un film nella quale i personaggi si inseguono, sparano, prendono a randellate, pronunciano battute fuori luogo nei momenti meno opportuni, momenti che funzionano soprattutto se a gestirli è Benji Dunn (Simon Pegg) il personaggio più amato per distacco da quando è entrato a far parte dell’IMF. E Mission Impossible: Fallout supera la concorrenza per il gusto e la complessità del suo rumore. Già, perché qui le capriole si fanno saltando dalla moto a un elicottero mentre atterra sul motoscafo guidato da un computer, probabilmente controllato da Benji Dunn. Per dire. Gli inseguimenti sono lunghi e mozzafiato. L’immortale Ethan Hunt (Tom Cruise) riesce in stunt impensabili considerando che ha l’età in cui il massimo dell’adrenalina che ti puoi aspettare è il periodico controllo della prostata. Immortale certo, ma non indistruttibile. Durante le riprese si è rotto una caviglia saltando dal tetto di un grattacielo. Dilettante, forse in moto gli sarebbe risultato più semplice. Insomma pugni, esplosioni, combattimenti. Rumore, appunto.
Ma c’è qualcosa che va oltre, nei Mission Impossible. Qualcosa che ha non di poco contribuito all’intramontabile fortuna della saga. Quello è Il silenzio. Per silenzio non parlo certo dell’assenza di suoni all’interno della pellicola. Non del tutto, perlomeno. Il silenzio è quella tensione, quel fiato trattenuto mentre ti chiedi se anche il tuo vicino riesca a sentire l’assordante rumore del tuo cuore in gola. Quelle parti di un M.I. dove da ragazzino non osavo nemmeno sudare per solidarietà con Ethan appeso ad un soffitto. Sono quei piani tanto assurdi quanto sofisticati che prevedono l’immancabile utilizzo di tecnologie delle quali mi chiedo ancora chi le fornisca dato che sono quasi 10 anni che agiscono come squadra indipendente. Insomma, chi le paga quelle maschere? Queste sono le missioni impossibili di cui mi sono innamorato. Questo è il silenzio che mi è mancato in Mission Impossible: Fallout.
Non fraintendetemi, il rumore è meraviglioso. Tanto da rendere questo capitolo uno dei più divertenti della saga. Fotografia, ritmo, stunt, colonna sonora, ripagano il biglietto. Ma la bibita no, a quella è mancato il silenzio.
Perché Batman, allora? Evitando spoiler posso solo dire che qualcuno pronuncerà il nome di John Doe, pseudonimo di un’identità ignota con la quale ci si riferisce anche al Joker, non conoscendone le origini. E poi lo scontro con un cattivo che ricorda molto da vicino il Due Facce di Nolan. E la massiccia presenza dell’Uomo d’acciaio, Henry Cavill. E poi ancora costosi gadget tecnologici e azioni tanto spericolate quanto calcolate. Insomma, metteteci anche i fratelli Warner, che sembrano avere tra le prime scelte per la prossima Lanterna Verde indovinate chi?
Proprio lui.
Ecco spiegato da dove arriva la mia confusione. Non ci sono andato poi lontano, insomma. In fondo questo Mission Impossible: Fallout è il Batman senza costume più convincente dopo Christan Bale. E ne è valsa la pena.
Voto: 4 gadget su 5
Alessandro