Come lo era stato lo scorso anno con Infinity War, anche Endgame rappresentava uno dei film più attesi dell’anno e probabilmente quello che avrà l’incasso maggiore (in 4 giorni in Italia ha già totalizzato 12 milioni). Rappresenta il film che chiude un filone narrativo durato 11 anni che quindi, nel bene o nel male, ha interessato chiunque abbia bazzicato in un cinema nell’ultimo decennio.
Il boato che lo inneggia a capolavoro si è alzato abbastanza rapidamente, ma è forse possibile che esso sia dovuto unicamente all’emozione della sala? All’eccitazione vagamente malinconica di dover salutare un vecchio amico? Gli applausi -fastidiosi- durante la proiezione sono sgorgati in abbondanza, ma erano davvero necessari?
A freddo Endgame è un cinecomic che fornisce una degna chiusura ad una lunga storia, ma ciò non lo esonera dai suoi difetti, taluni anche evidenti. È un film meno coraggioso di quanto ci abbiano voluto far credere; l’idea dei viaggi nel tempo funziona, ammalia, ma al tempo stesso sembra quasi un occhiolino al fan per ripercorrere insieme, mano nella mano, i bei tempi che furono. E così ci si ritrova a metà film con in mano la polvere, nulla di fatto, un personaggio in meno (che comunque avrà a breve una pellicola tutta per sé) e qualche buco di trama da gestire. Se i nostri vendicatori hanno a disposizione degli spostamenti lungo l’asse temporale strettamente limitati, come è possibile che Nebula sia in grado di spostare un’intera flotta spaziale capitanata da Thanos?
E Captain Marvel cosa ha di più importante da fare di salvare l’intero universo? Dove bazzica? Le è sufficiente una banale frase di congedo per dileguarsi per i tre quarti di pellicola, senza una giustificazione valida, per poi tornare, “woman power” alla mano a prendersi un paio di cazzotti da Thanos e ad esaurire così il proprio ruolo. Wow.
Altro difetto sono le caratterizzazioni del tutto macchiettistiche e non necessarie di Thor e Hulk, che certo all’inizio riescono a generare l’ilarità generale, ma più scorrono i minuti, più le loro presenze diventano cringe e decisamente poco essenziali: Il dio del tuono versione Lebowski può strappare un sorriso per i primi 15 minuti, dopo di che rimane solo una fastidiosa risata d’imbarazzo e circostanza.
Thanos non è ben scritto come quello che vedemmo in Infinity War, ma continua a funzionare, si sente un po’ la mancanza di un villain centrale, ma serviva comunque giungere ad una chiusura e questa era la via migliore. Come nel film precedente non stonano nemmeno le diverse interazioni tra personaggi tanto diversi e l’universo rimane quindi ben amalgamato, creando sinergie tra personaggi che mai avremmo pensato di poter veder affiancati ed affiatati.
Inutile negare poi che la maestosità dello scontro finale abbia fatto aizzare ogni singolo fan. È al tempo stesso altrettanto superfluo negare, sebbene a malincuore, che, così come tutto ebbe inizio con Iron Man, era giusto che tutto si concludesse con lui, anche se Tony è forse uno dei personaggi la cui mancanza si farà sentire di più. Per preferenza personale avrei preferito che sul selciato venisse lasciato Cap, quel Ken feticcio americano non l’ho mai digerito, invece gli è stata concessa una pensione.
A saga conclusa si può però dire che i Fratelli Russo abbiano saputo gestire egregiamente il ruolo affidatogli, concedendoci un finale, diviso in due parti, nettamente superiore alla media degli altri film Marvel. Perciò forse per una volta si possono chiudere gli occhi sui difetti, per godersi il film per ciò che è, 3 ore di intrattenimento fluide, che animano lo spettatore, che gli concedono qualche gioia prima della chiusura, ma che gli rubano anche qualche lacrima. Non penso sia necessario sottolineare che sia un film necessariamente da vedere al cinema per carpirne la maestosità dell’evento e per porre i nostri omaggi al più sarcastico degli eroi Marvel.
Camilla.