Avete presente quel regista i cui film vi creano un’ansia indicibile, ma che comunque non riuscite a non guardare, perché adorate la sua distorta, malsana e pessimista visione del mondo? Ecco, magari alcuni tra voi non l’hanno effettivamente presente, perché sono carenti di quella vena masochista che caratterizza taluni di noi, ma per tutti gli altri il greco Lanthimos non può che rientrare in questa descrizione.
Finalmente a 7 mesi dall’uscita nelle sale americane e ad un anno dalla sua vittoria a Cannes come miglior sceneggiatura, Il Sacrificio del Cervo Sacro (The killing of a sacred deer) ha trovato la sua distribuzione in Italia ed in fatti oggi possiamo vederne finalmente il trailer in italiano. Purtroppo temo che le sale che lo proietteranno saranno meno di una manciata come successe al suo predecessore “The Lobster”, ma per chi tra voi fosse tra i fortunati a vivere in una delle città che lo renderanno disponibile, dal 28 giugno affollate i cinema.
Il film in questione è un angosciante thriller psicologico che s’insinua sotto la pelle dello spettatore, che con un lento incedere fa, di minuto in minuto, incrementare l’angoscia e l’inquietudine. Un film claustrofobico ed opprimente che vede come protagonisti Colin Farrell e Nicole Kidman, in cui il cinismo del regista fa da padrone così com’era stato nelle sue precedenti opere; nel sopracitato The Lobster, la cui società scissa non permetteva la sopravvivenza delle sfumature, delle vie di mezzo, in cui da una parte non erano accettati i single e dall’altra erano disprezzate le coppie. O ancora in Dogtooth, la cui realtà distopica dei tre ragazzi protagonisti era stata partorita e plasmata dalle menti dei genitori stessi, ove non v’era via di fuga se non la sottomissione. O la bizzarra fantascienza (la possiamo definire tale?) di Alps, dove il confine tra vita e morte era talmente labile che chiunque poteva prendere il posto di un defunto imitandone i gesti e le abitudini. Tutti film in cui i protagonisti sono dei freddi involucri di carne, destinati alla resa di fronte ad una società nichilista. Quasi tutte pellicole con un finale aperto, che lascia l’unico, forse, spiraglio di speranza nelle mani della psiche dello spettatore che dovrà giungere da sé ad una conclusione nei minuti successivi alla visione. Ma non in questo caso. Non in the killing of a sacred deer, perché qui v’è una chiusura ed è brutale, ferina, un nodo alla gola di colui che guarda, l’infrangimento di un taboo, perché nel mondo di Lanthimos non vi sono leggi che non possano essere trasgredite, ma solo tormenti che possono essere generati.
Camilla.