Perfect Days è il nuovo film di Wim Wenders presentato in anteprima a Cannes, ove il suo protagonista, Koji Yakusho, è riuscito ad accalappiarsi il premio come miglior interpretazione maschile. Il film si basa su una struttura narrativa molto semplice: narra infatti le vicende di Hirayama, un uomo di mezza età che si occupa di pulire i bagni pubblici a Tokyo. Il film ci ingabbia nel loop temporale che è la vita di Hirayama; ci estranea dal tempo che scorre per inserirci in quello che sembra il medesimo giorno ripetersi all’infinito, se non fosse per i cambi di inquadratura e per l’incedere delle vite degli altri personaggi, i quali non risultano essere estrapolati dal tempo al contrario del protagonista, ma proseguono nello sviluppo delle loro vite.
Hirayama è un uomo semplice, che per sua stessa ammissione vive in un altro mondo; che ascolta cassette di musica rock anni 70, non perchè stiano tornando di moda, ma perchè pensa che Spotify sia un negozio fisico. Hirahyama trascorre tacitamente le sue giornate in una solitudine auto indotta; si interfaccia con i medesimi individui che ha inserito nella propria routine e con i quali scambia ogni giorno le medesime scarne conversazioni. Eppure la sua esistenza pullula di interessi; che siano i Bonsai che gelosamente custodisce nella sua spoglia dimora o i libri da 100 yen che ogni notte sfoglia fino ad abbandonarsi al richiamo del futon. L’uomo vive la sua esistenza come un fantasma, passa inosservato dal mondo e dalle persone, mentre lui tanto avidamente osserva ciò che lo circonda e ne apprezza ogni più piccolo dettaglio, tanto da fotografare ogni giorno lo stesso albero senza però perdere l’entusiasmo della prima volta. Le ombre sono una presenza costante nel film, perché il protagonista stesso è una di esse: ne tinteggiano i sogni, le ritroviamo nelle sue fotografie, nei riflessi degli alberi e delle vetrate dei bagni e sono ombre persino quelle del gioco finale in cui Hirayama tenta di sdrammatizzare la morte per il suo interlocutore la cui vita sta volgendo al termine.
Perfect days è un film che esalta la quotidianità, esalta la semplicità dipingendo la vita più grama che si possa immaginare e mostrando come anche in essa si possa trovare la tanto bramata felicità. Wim Wenders in maniera delicata e composta prova a mostrarci quello che Lou Reed nell’omonima canzone aveva cercato a suo tempo di cantare, ma ci dimostra come una giornata per essere perfetta non debba necessariamente essere condivisa. In una vita che per la maggior parte delle persone sarebbe claustrofobica, quasi come il formato 4:3 scelto per il film, Hirayama apprezza ogni singolo istante della sua esistenza, assapora ogni momento del giorno perfetto che si è meticolosamente costruito al punto da estranearsi dall’incedere del tempo entrando in una sua personale dimensione dove non v’è “un’altra volta”, ma solo “adesso”. Una dimensione composta unicamente dal presente, dove tutto è intangibile ed immodificabile, tutto è prevedibile e previsto, ragion per cui non v’è tristezza, non v’è morte e non v’è futuro.
C’è solo Hirayama con la sua cassetta di Lou Reed.
Ieri. Oggi. Domani.
In sala, tutti felici come Hirayama.
Camilla.