Dopo 7 anni di esilio Lars Von Trier è tornato a calcare la croisette a Cannes con un film che, come suo solito, punta allo scandalo. Era scontato che l’artista più controverso in circolazione avrebbe fatto ritorno con una pellicola che non sarebbe potuta passare inosservata e infatti la sua ultima fatica The house that Jack built, ha fatto parlare di sé fin da subito. Il thriller del regista danese che vede come protagonisti Matt Dillon, nel ruolo di un cinico serial killer, e Uma Thruman, ha infatti generato scalpore nella platea, tant’è che le fonti parlano di un centinaio di fuggitivi che hanno abbandonato la sala a visione in corso per via dell’eccessiva violenza. Violenza che era già stata anticipata sui biglietti dei partecipanti alla proiezione, evento più unico che raro. Violenza che è stata descritta come la più cruda e viscerale del regista, non solo per l’inclemenza ed il realismo, per le torture ed il cinismo, ma anche perché non si ferma nemmeno di fronte ai più classici taboo della società.
Il fatto che degli spettatori abbiano abbandonato la sala può essere un segnale di cattivo auspicio? Assolutamente no. Basti infatti pensare che The Neon Demon di Nicolas Winding Refn subì il medesimo trattamento e invece è una delle opere più mature del regista e la migliore visivamente parlando. Senza dimenticarci invece di Mother! che lo scorso anno costò a Aronofsky persino la chiusura con i fischi del pubblico (gesto che personalmente ho sempre reputato di pessimo gusto). Perciò queste informazioni trapelate da Cannes non fanno altro che incrementare la curiosità per l’uscita della pellicola, soprattutto se pensiamo che si sta parlando del regista di Nymphomaniac, Melancholia, Antichrist e Dogville tutte pellicole estremamente inusuali, caratterizzate da un’elevata ricercatezza e da un altrettanto elevato desiderio di contrariare il pubblico più mainstream. Basta ricordarsi che Von Trier sfruttò la quasi totale assenza di scenografia per incentrare del tutto l’attenzione sulla psicologia dei suoi personaggi, e lo fece usufruendo unicamente di un buio palcoscenico spartito da linee di gesso per segnarne i confini, in una città dove le mura non esistono, perché se ognuno prestasse un po’ di attenzione sarebbe sufficiente per vedere cosa accade tutt’attorno. Un regista per cui i drammi ed i vizi umani sono il carburante delle sue opere; Nymphomaniac tratta, per 330 minuti, degli alti, ma soprattutto dei bassi, di una donna dipendente dal sesso. Perciò inutile davvero fingersi stupiti che questa volta abbia puntato, per il suo grande ritorno, sulla violenza, che comunque mai era mancata nelle sue pellicole.
Fatte queste premesse, da un paio di giorni è uscito il trailer ufficiale del film e, con esso, la prima locandina, ispirata da “La barca di Dante” di Eugène Delacroix. Una delle più trash che il cinema ci abbia concesso negli ultimi anni.
Non è stata ancora annunciata una data di rilascio ufficiale per l’Italia ma si pensa per fine anno. Se volete conoscere meglio e recuperare questo regista che sicuramente merita una visione critica della sua opera cliccate i nomi delle opere fondamentali che abbiamo scelto:
DANCER IN THE DARK (vincitore Palma d’Oro miglior film Cannes 2000)
Camilla.